febbraio 2024
febbraio 2024
Editoriale
I cosiddetti “fringe benefits”, prestazioni accessorie che il datore di lavoro concede al collaboratore, fanno parte della realtà professionale di molti settori: dall’auto ad altri oggetti materiali, da abbonamenti e prestazioni in camposanitario, previdenziale, culturale, sportivo o salutistico… Vi è un altro ambito che costituisce invece una componente, talvolta rilevante, della remunerazione, dai bonus alle commissioni, dalle forme di partecipazione ai risultati, secondo tipologie e criteri diversi a seconda dei modelli contrattuali e dei contesti professionali. Lo scopo prevalente è quello di motivare e fidelizzare. In questa Newsletter gli specialisti illustrano i vari aspetti ad essi legati, incluso quello fiscale, nonché le aree di contenzioso che ad essi possono far capo. Le esperienze, maturate soprattutto nei comparti dei servizi, ci indicano anche qualche aspetto non sempre rilevato. Anzitutto un fenomeno che spesso si osserva è una sorta di contrasto fra i settori commerciali, per natura orientati verso atteggiamenti “push” nei confronti della clientela acquisita e potenziale, e quelli amministrativi. Un fenomeno che raggiunge spesso elevati livelli di contrasto laddove la componente “compliance” è più presente, come in ambito finanziario ed assicurativo. Il secondo fenomeno si lega agli effetti che la componente variabile della retribuzione può avere sul comportamento del collaboratore e sulla sua strategia di “vendita” in senso lato, a danno talvolta della trasparenza e della qualità del servizio. L’esempio dei call center e di certe forme aggressive, se non addirittura spregiudicate, di vendita, ad esempio via telefono, è paradigmatico, fino al caso paradossale, purtroppo presente anche in alcune nostre realtà, di team di vendita e di consulenza che operano sulla clientela in forma concorrenziale all’interno della stessa azienda, complice il target da realizzare ed il bonus che ne deriva.
Gian Luigi Trucco
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