«È possibile assumere una collaboratrice domestica (badante) con un contratto a ore e con un tasso d’impiego irregolare, pagando unicamente le ore effettivamente svolte? L’attuale contratto in vigore prevede un certo numero di ore mensili garantite, tuttavia, essendo la persona accudita spesso ricoverata in ospedale, vorremmo beneficiare di maggiore flessibilità »
Quanto proposto corrisponderebbe ad una modifica contrattuale, passando da un contratto a ore (regolare e con un minimo di ore mensili garantite) ad un contratto su chiamata improprio. I contratti su chiamata si distinguono (secondo la dottrina e la giurisprudenza) in contratti su chiamata cosiddetti “propri” e “impropri”. Nei contratti su chiamata “propri”, il datore di lavoro ha la facoltà di variare il tasso d’impiego secondo le proprie esigenze, tuttavia il lavoratore ha sempre l’obbligo di garantire l’entrata in servizio quando viene “chiamato” dal datore di lavoro. Il lavoratore non ha la possibilità di rifiutare l’entrata in servizio e deve dunque sempre tenersi a disposizione del datore di lavoro. Ne consegue che anche il tempo che il lavoratore impiega per tenersi a disposizione del datore di lavoro debba essere remunerato, e ciò indipendentemente dal fatto che il lavoratore sia tenuto a presenziare sul posto di lavoro o meno. Diversamente, nel lavoro su chiamata “improprio”, il lavoratore è libero di rifiutare la “chiamata” del datore di lavoro, non dovendosi così tenere a disposizione e potendo accettare anche altri lavori presso diversi datori di lavoro. In questa costellazione, al lavoratore non è dovuta nessuna indennità in caso di mancata entrata in servizio, poiché ogni entrata in servizio costituisce, di fatto, un nuovo contratto a tempo determinato. Nel lavoro su chiamata “proprio”, oltre all’indennità in caso di mancata entrata in servizio, il datore di lavoro sarà anche tenuto a garantire il pagamento del periodo di disdetta, così come dei periodi d’inabilità del lavoratore in conformità con l’art. 324a CO. Infatti, nel caso del lavoro su chiamata “proprio”, è il datore di lavoro a doversi fare - parzialmente - carico del rischio d’impresa derivante dall’irregolarità del lavoro così come dei periodi di inabilità, rispettivamente di disdetta del lavoratore: la giurisprudenza federale e cantonale non permette di usare lo strumento del lavoro su chiamata al solo fine di aggirare le norme imperative a tutela del lavoratore. Per quanto attiene alla commisurazione dell’indennità spettante al lavoratore in caso di mancata entrata in servizio, essa spetta al Giudice, il quale dispone di un ampio margine d’apprezzamento. La giurisprudenza federale e cantonale ha avuto modo di stabilire il seguente principio: più è breve il preavviso che il datore di lavoro può dare al lavoratore per l’entrata in servizio (ad esempio qualche ora/giorno), più elevata sarà l’indennità da corrispondere in caso di mancata “chiamata” (cfr. AJP 2011 pag. 1062). Mediamente, l’indennità si attesta intorno al 25-30% del salario orario pagato in caso di entrata in servizio, ma tale percentuale potrebbe variare, in primis, come detto, in base alla durata del preavviso che il lavoratore può esigere per la “chiamata” in servizio. Ciò premesso, si rileva inoltre che, per determinare se sia stato stipulato un contratto su chiamata “proprio” o “improprio”, il Giudice si baserà sull’effettivo svolgimento del rapporto di lavoro e non forzatamente sul testo del contratto. Pertanto, qualora le parti abbiano stipulato un contratto su chiamata “improprio” ma, di fatto, il lavoratore sia stato “chiamato” con regolarità sul lungo periodo, si partirà dal presupposto che si tratti di un contratto su chiamata “proprio”, con le conseguenze di cui si è detto sopra. Per concludere, spetta dunque al datore di lavoro decidere se preferisca stipulare un contratto su chiamata “improprio”, sostenendo il rischio che il lavoratore rifiuti l’entrata in servizio, oppure se stipulare un contratto su chiamata “proprio”, avendo tuttavia ben presente che, in caso di mancata chiamata (o in caso di malattia/disdetta), il lavoratore avrà diritto a un’indennità, parametrata in base ai principi summenzionati.
Avv. Christopher Jackson, LL.M, CAS