A distanza di un anno dall’inizio della collaborazione, abbiamo ricevuto una lettera dall’Istituto delle Assicurazioni Sociali, con la quale si contesta che la consulente esterna sia, in effetti, una lavoratrice indipendente e si chiede che la nostra società paghi gli oneri sociali per l’intero periodo della collaborazione. Cosa possiamo fare?»
Negli ultimi anni si è assistito ad un significativo aumento dei cosiddetti “contratti di collaborazione” con consulenti o professionisti esterni all’azienda. Tali contratti sono, a tutti gli effetti, da qualificarsi come contratti di mandato (più raramente di appalto) tra l’azienda e persone che ritengono di essere (e spesso dichiarano di esserlo) veri lavoratori indipendenti, ossia soggetti che svolgono l’attività professionale sotto forma di ditta individuale, sostenendo i propri costi nonché facendosi carico del rischio d’impresa, in cui rientra anche il pagamento dei propri oneri sociali (AVS/AI/IPG). L’azienda che stipula un simile contratto di “collaborazione” ha dunque il vantaggio di non dover pagare gli oneri sociali, di non doversi far carico del rischio dell’inabilità del lavoratore e, considerato come il contratto di mandato sia revocabile in ogni tempo (art. 404 cpv. 1 CO), di godere della massima flessibilità rispetto ad un contratto di lavoro, che prevede un termine di disdetta. Per contro, l’azienda rinuncia alle tutele offerte dal contratto di lavoro, ad esempio al divieto per il lavoratore di fare concorrenza al datore di lavoro, o ancora al diritto di stabilire come e quando il lavoratore dovrà svolgere la prestazione lavorativa. Tuttavia, i “contratti di collaborazione” nascondono un rischio serio e non trascurabile: la riqualifica del contratto di mandato/appalto in un contratto di lavoro vero e proprio da parte dell’Istituto delle Assicurazioni Sociali, con il conseguente obbligo di pagare - anche retroattivamente - gli oneri sociali sugli importi fatturati dal consulente esterno. Occorre dunque valutare bene se il professionista con il quale si stipula un “contratto di collaborazione” possa effettivamente essere considerato un lavoratore indipendente, così da evitare ogni rischio. Vi sono diversi criteri che l’Istituto delle Assicurazioni Sociali prenderà in considerazione ai fini della valutazione dell’effettiva sussistenza di un lavoratore indipendente. Tali criteri vanno quindi valutati dall’azienda prima della stipula di un contratto di collaborazione. Un vero lavoratore indipendente deve avere le seguenti caratteristiche:
• Iscrizione al registro di commercio (opzionale ma indizio concreto);
• Organizzazione autonoma del lavoro;
• Tempo di lavoro dedicato ad un solo mandato limitato;
• Un certo numero di clienti/mandanti oltre all’azienda in questione;
• Proprietà del materiale di lavoro;
• Modalità di fatturazione (a tempo, a corpo, ecc.);
• Rischio imprenditoriale a proprio carico.
Laddove il consulente esterno/mandatario non dispone delle caratteristiche di cui sopra, il rischio che il rapporto contrattuale venga riqualificato in un rapporto di lavoro è elevato. Segnatamente, il fatto che il consulente presti il proprio servizio solo ad una azienda (o a poche aziende) è, di regola, un indizio di assenza di vera indipendenza. Lo stesso vale per l’assenza di materiale di lavoro proprio, così come di una sede propria. Se poi è l’azienda a dettare i tempi e l’orario della prestazione lavorativa, pagando una fattura forfettaria, allora quasi sicuramente l’Istituto delle Assicurazioni Sociali partirà dal presupposto che si tratti di un rapporto di lavoro, con conseguente obbligo di versamento degli oneri sociali (oltre agli obblighi derivanti dal contratto di lavoro).
Spetta dunque all’azienda che stipula un “contratto di collaborazione” valutare bene se la persona con cui si contrae sia effettivamente un lavoratore indipendente, a prescindere da cosa dichiari la persona stessa. Si consiglia di chiedere prova dell’eventuale iscrizione nel Registro di commercio oppure, perlomeno, della conferma d’affiliazione alla Cassa di compensazione degli indipendenti presso l’Istituto delle Assicurazioni Sociali. In caso di dubbio, è meglio rinunciare alla collaborazione, oppure optare per un contratto di lavoro vero e proprio.
Avv. Christopher Jackson, LL.M, CAS